lunedì 17 marzo 2014

LA VITA SOGNATA DAGLI ANGELI

LA VITA SOGNATA DAGLI ANGELI


Con uno sguardo poteva abbracciare il mondo.
Sospesa fuori dell'atmosfera terrestre, Celeste osservava silenziosa il tempo.
Non aveva mai vissuto l'adesso, l'ora.
Il suo mondo era l'eterno, l'immutabile e non aveva colore né odore.
Attraversava le stelle e guardava incantata la vita degli uomini che vivevano sotto i suoi occhi.
Ne vedeva le attese, i ripensamenti, i sorrisi, gli incontri casuali.
Osservava il caos umano, il dipanarsi di vite, l'aggrovigliarsi di sentimenti ed emozioni.
Celeste non sapeva cosa fosse bere un caffè, passeggiare sulla riva del mare, bagnarsi le mani o sentire l'odore polveroso della terra.
Abbracciare un uomo.
Quello la incuriosiva di più di qualunque altra cosa.
I corpi che si intrecciano, i visi che si avvicinano, il calore delle mani, la forza di braccia che stringono, il cuore che pulsa.
Celeste esisteva da sempre.
Aldilà del tempo, Celeste assisteva al susseguirsi delle stagioni, alle fioriture multicolori in primavera, al pellegrinaggio di file di uomini verso il mare in estate, alla maturazione di turgidi grappoli d'uva e alla loro raccolta succosa mentre il vento fischia forte e comincia a gelare gli alberi ormai vuoti dei loro frutti.
Con uno sguardo, raggiungeva ogni luogo della Terra.
E sapeva tante cose che gli uomini non immaginavano neppure.
Aveva imparato che in una pianura costiera di una regione d'Italia c'era, racchiuso tra due promontori, un piccolo fazzoletto di spiaggia con una sabbia bianca davanti ad un mare trasparente.
E questa sabbia suonava.
Potevi sentirne la melodia ogni volta che qualcuno la calpestava.
O quel paese, all'estremo sud della Spagna, divorato dalle rocce.
Scolpito, inglobato tra le pietre.
Case bianche che rifuggono la luce, protette da blocchi millenari, muti e freschi.
E nel fondo degli abissi, Celeste sapeva di una statua raffigurante il Cristo degli uomini che, con le braccia aperte e lo sguardo rivolto verso la luce in superficie, era un santuario sommerso.
Un tempio per tutti quelli che nel mare avevano riposto passione e vita.
C'era poi un forte militare, tra le alte montagne dell'India, per raggiungere il quale dovevi percorrere migliaia di gradini scavati a mano nella roccia.
Ti sembrava di salire fino al cielo e toccare le nuvole o trovare Dio.
A Celeste piaceva molto perché era una limpida prova della determinazione dell'uomo ad elevarsi su, sempre più su, alla ricerca di cosa o di chi lei non capiva bene, ma provava una rispettosa ammirazione per quel tenace desiderio di superamento di se stessi.
Era questa una delle cose che la affascinava maggiormente.
L'ignoranza. La dotta ignoranza dell'uomo.
Fiducioso della propria ragione e consapevole di essere di passaggio, finito su una Terra vecchia di millenni, l'uomo affida alla propria anima la ricerca dei significati del mondo.
Perché l'uomo sa che tutto ciò che ha a che fare col vivere e il respirare e l'esistere è qualcosa di non definitivo, destinato all'evoluzione.
Ma il mondo di Celeste era immutabile e il suo sapere illimitato.
Non aveva curiosità del mondo, infatti.
Celeste era curiosa solo dell'uomo.
Della poesia umana.
La poesia che racconta. 
La poesia che cambia.
Cambia gli animi, innalza gli occhi, vivifica tutto.
La creazione umana. Il potere dell'immaginazione.
La fantasia.
Celeste avrebbe voluto scendere finalmente sulla Terra e sporcarsi.
Sporcarsi di tutta quella vita. 
E respirare l'aria e sentirne gli odori.
Calarsi nell'oceano e riemergere alla vita dopo un naufragio.
Bruciarsi al sole del deserto e così per la prima volta sentire il calore.
E masticare il cibo e provare piacere.
O provare dolore. E comprendere perché gli uomini piangono e gridano quando sono feriti e sembrano spezzarsi per poi rinascere in forme nuove.
Gli uomini che sperano. E ardono di fuoco vivo. 
E amano. Di un amore semplice, vestito di luce bianca.
Comprendere perché gli uomini muoiono ma continuano a sognare.
Continuano sempre a sognare.

Ma Celeste era un angelo.  

lunedì 10 marzo 2014

DIALOGO MITOLOGICO

DIALOGO MITOLOGICO


- "Ciao! Mi chiamo Elena. E sono un archetipo!".
- "Ciao, Elena! Benvenuta!".
Ecco.
Fino al giorno prima, Elena era stata solo un'immagine primigenia, un'idea universale.
Ma oggi aveva preso corpo e forma.
Non forma del pensiero e dell'immaginario umano.
No. Forma fisica.
Ed aveva una forma bellissima.
In realtà, era chiaro che l'avesse, perché Elena era l'archetipo della bellezza.
Ma cosa ci faceva un'idea innata, un simbolo ricorrente tra gli esseri umani, sulla Terra?
E cos'era quel gruppo in cui era finita?
Chi erano quelle persone?
Erano sedute in cerchio, avevano un aspetto eccentrico e sembravano tutti fuori luogo, come lei.
Si accorse che la stavano fissando, in attesa che continuasse la sua presentazione, ma Elena non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dire e perché.
Così fece una domanda.
- "Chi siete?".
Il gruppo era costituito da quattro personaggi davvero singolari.
C'era una donna, bellissima ma dallo sguardo cattivo, che reggeva sulle gambe un vaso e sembrava morisse dalla voglia di aprirlo.
- "Io sono Pandora. E questo è Secret, senza il quale sarei persa!
Dentro c'è il necessario per la mia sopravvivenza! 
Smalti, make-up, asciugacapelli.. cose così! Vuoi vedere?!", chiese con occhio avido.
- "Io non lo farei! E' grazie a lei se esistono i mali del Mondo! E io lo avevo detto! Ma, mi dà retta mai qualcuno?! Mai!
Quando arriva l'ora del caffè? Facciamo una pausa? Voglio un caffè!".
Cassandra. 
Era una giovane vestita da indovino, con un lungo vestito azzurro e adornato da un numero esagerato di amuleti, portafortuna, talismani.
- "Piacere! Sono Madame Cassandra!
Io ho la preveggenza! E vedo il tuo futuro!
Tra rapimenti, tradimenti e guerre sarai al centro di un bel casino!".
- "Non ci credo!", disse Elena turbata.
- "Eccone un'altra! Ma perché non mi credete?!"
Insomma, si può avere sto caffè?!".
- "Beh! Io sono un archetipo: Non è colpa mia!", disse Elena.
- "Lo so, baby! E' il tuo destino!
Non sarai mai responsabile per i danni e i lutti che provocherai.. ma, sappi, che Paride e Menelao si giocheranno ai dadi la tua compagnia in un postribolo di Sparta, altro che rapimento!".
- "E'una bugia!".
- "Sì, questa volta sì! Tanto non mi crede mai nessuno!".
Elena abbassò lo sguardo, lei che non lo abbassava mai, lei che era divina e da tutti contesa e desiderata.
Si sentiva sola, quasi disperata. Uno stato d'animo, la disperazione, che sembrava accompagnarla durante tutta la sua esistenza.
- "Sai cosa faccio quando mi sento solo e triste, zucchero?".
A parlare fu un giovane dall'aspetto del rivoluzionario in erba, con una sigaretta per mano e due sistemate, rispettivamente, sull'orecchio destro e nel taschino della giacca di vellutino beige al posto del fazzoletto.
- "Cosa fai?", chiese Elena con gli occhi umidi.
- "Do fuoco a qualcosa, zucchero!
Solo che qui mi vietano tutto!
Il fuoco, il semplice pensiero, la libertà!".
- "Perché? E tu chi saresti?".
- "Perché?! Perché io mi ribello!
Sfido le autorità e le imposizioni!
Io dico NO al mito, alla falsificazione, all'ideologia!".
- "Cara! Prometeo non ti dice che gli vietano l'uso del fuoco perché, con la scusa magnanima di condividerlo con gli uomini, quasi incendiava la residenza di Era ad Aspen… e tu sai quanto è suscettibile Era!", intervenne Cassandra.
Elena era davvero sempre più confusa.
Cosa faceva tra quelle persone?
Chiaramente erano pazzi.
Eppure anch'essi personaggi mitologici.
- "Ma, insomma, dove sono? Cos'è questo posto?!", indicando il cerchio di sedie umane in cui era seduta.
- "Si chiama gruppo di auto-aiuto!", disse uno vestito da postino con una sacca piena di lettere e piccoli pacchi posta ai piedi della sua sedia.
- "Piacere, Ermes!
Smisto la posta, porto messaggi, comunico ordini e punizioni varie.
Pura manovalanza.
Ma un giorno, sentirete parlare di me!", disse con gli occhi gonfi di speranza.
- "Ermes vorrebbe diventare un comico, sfondare nello showbiz!", disse Pandora con uno sguardo disgustato.
- "Ermes il Briccone!" Non suona bene? Secondo me, sì!", disse Ermes.
- "Tanto farai sempre e solo scenette ridicole in produzioni scadenti con attori infimi in bettole morose di Atene! E' così! Mi spiace!", disse Cassandra.
- "Ma porca puttana, Cassie! Magari io sono l'eccezione alle tue premonizioni!".
- "Non è mai capitato in secoli, caro!", insistette Cassandra.
- "Se solo credeste in me…!", piagnucolò Ermes.
- "Ma guarda che io credo in te, tesoro!
E' che non hai futuro nello spettacolo!
Ma, come postino, guarda: entrerai nel mito!".
- "Sai che soddisfazione!", continuò Ermes.
Zeus mi invia nei posti più remoti a recapitare messaggi e pacchi a chiunque.. Perfino a sua moglie!
Non sono in buoni rapporti… diciamo che non si sopportano proprio!
Era, poi, ha un tale caratteraccio!"-
- "L'ho già detto io! Ma qui tanto…", disse Cassandra.
- "E chi deve cercare di mediare? Io!", continuò Ermes.
- "E quella volta che dovetti consegnare una raccomandata al Minotauro?! Lunghi corridoi e labirinti per arrivare al suo loft e niente! Non lo trovai!
Mi portai allora quella scema di Arianna che per tutto il tempo volle giocare a nascondino e fare l'uncinetto!
Ve lo dico io! Lavoro infame, sottopagato e sindacalmente rappresentato solo da me!
Lavorerò in eterno!".
D'un tratto, Elena riconobbe quel circo colorato popolato da folli divertenti e ricordò anche perché si trovasse lì.
Lo aveva dimenticato.
Così come aveva dimenticato di condividere da millenni, con quei personaggi, favole e storie e sogni.
Soprattutto, Elena aveva dimenticato chi fosse.
Da tempo, si interrogava su cosa fosse la bellezza, lei che incarnava l'eterno femminino.
Allora prese a studiare le proprie forme, alla ricerca di se stessa.
Cercava risposte e sapeva che le avrebbe trovate dentro, nel profondo dell'anima, e fuori, sulla pelle, dove l'occhio si posa indagatore.
Il suo corpo era un altare sacro al di là del tempo e dello spazio, grazie al quale l'uomo poteva sognare e immaginare e realizzare se stesso autenticamente.
L'uomo diventava artista, grazie e lei, e poteva lasciare segno di sé nel mondo.
- "Quindi sono un modello di perfezione.
Esisto per ispirare gli uomini.", si disse.
- "Perché c'hai culo!", intervenne Pandora.
- "Prendi me! Che mi manca?!
Sono bella e perfetta in ogni occasione! Regina del make-up grazie al mio Secret!
…A proposito, ti va di vedere cosa c'è dentro?", riprovò Pandora.
- "No, cara! Grazie.", rispose con un sorriso Elena.
- "Umpf!", riprese Pandora, "Eppure, la gente continua ad accusarmi dei mali del mondo! A me!".
- "Ed io allora?!", fu Cassandra a parlare, "Non mi crede mai nessuno!".
- "Non è vero!", le fecero eco tutti.
- "Appunto!".
- "La gente.. il mondo.. Diamogli fuoco!", propose Prometeo. "Chissenefrega della gente! 
Certo.. Pandora cara, devo dirtelo però!
Stai sempre co sta scatola in mano!"
- "Secret!"
- "Sì! Lui! Sempre a voler aprirlo..
Secondo me soffri di un disturbo ossessivo-maniacale! La gente si spaventa!"-
- "E Cassandra?!", fece Ermes, "E' più forte di lei! Deve sempre rovinarti la festa!
Tu sei felice? E lei :'Morirai di cirrosi, hai poco da ridere'.
Sei allegro per la promozione al lavoro? E lei :'Verrai presto licenziato. Ti beccheranno su YouPorn durante le ore di lavoro.'
Insomma, un dito al culo!".
- "Vogliamo parlare di Ermes?!", propose Pandora.
"Quella del pappagallino sordo che fa gestacci perché non può dire parolacce è una delle storielle più fesse che io abbia mai sentito!".
- "Tu proprio non vuoi capire!", intervenne Ermes stizzito.
"E' un colpo di genio!
Il pappagallino muto che segna con le ali!
E' una barzelletta garantista!
Con un solo colpo aggrego schieramenti variegati! 
Animalisti! Educatori sociali! Insomma, un'arguzia politicamente corretta!".
- "Senti, perché non ti inventi storie sui postini?!", buttò lì Pandora.
- "Io sono un grande artista! Il postino lo faccio solo per gli Dei e non ho intenzione di farlo a vita!", rispose Ermes.
- "No, Davvero!", insistette Pandora, "Senti questa! 
Cosa dice la pentola al postino? …C'è pasta per me?!".
- "Fa cacare!", commentò schifato Ermes.
- "Allora senti quest'altra! Come camminano i postini? …Con passo spedito!"
- "Ne hai ancora di queste barbarità?!"-
- "Certo! Senti.. A casa ho un enorme rottweiler. Non ho nessun problema con i ladri, me è anche un anno e mezzo che non ricevo posta!".
- "Sapete che io inizio a divertirmi?", disse Cassandra.
- "Scherzi?! Queste battute sono un insulto al nobile teatro comico d'ispirazione goldoniana… altro che Shakespeare!", rispose Ermes.
- "Ah, beh! Sì.. date retta ad Ermes.. dopotutto.. un postino va preso sempre.. alla lettera!", continuò Pandora.
- "Oh, insomma ragazzi!", proruppe Elena.
"Siamo tutti qui per una ragione!
Accettare la nostra eternità! Così come essa è!
Nessuno è mai pienamente soddisfatto di se stesso. C'è sempre una frattura… una discrepanza fra ciò che vorremmo essere e ciò che siamo.
Ma occorre prendere questa forma che ci è stata data e sublimarla!".
- "Facile per te che sei l'archetipo della bellezza!", disse Cassandra.
"Ma prendi Efesto! Zoppo e sfortunato in amore! La sfiga personificata!".
- "E quanto è brutto!", intervenne Pandora.
- "Aspettate solo un momento!", disse Ermes, "State a lamentarvi Voi?!
Io sono l'unico tra gli Dei dell'Olimpo che lavora! 
Nessuno ha uno straccio di occupazione seria!
C'è chi suona l'arpa tutto il giorno, chi beve il vino in coppe dorate, chi si trastulla a tresette e poi ci sono io!
Gli Dei, per definizione, non fanno un cazzo!
Ma io no! E non andrò mai in pensione!".
- "Capisco la tua angoscia, Caro Ermes!", disse Elena.
"Ma, vedi, noi siamo qui per ricordarci di noi.
La gente si è scordata cosa sia la bellezza o la giustizia.. ma la storia di Prometeo ricorda cosa sia il coraggio e la generosità.. Cassandra insegna cosa sia l'onestà intellettuale e la sincerità a tutti i costi.. Pandora rappresenta la curiosità e la voglia di superamento nonostante i mali del mondo.. e tu, Ermes, col tuo lavoro efficiente, ci ricordi che dobbiamo sempre sorridere..
Non dobbiamo scordarlo. Siamo stati creati per questo.
Creati dalla fantasia, dall'immaginario umano per significare il mondo, per dare senso alla vita, per ricordare agli uomini che possono essere migliori.
Ma in questo modo, anche noi diventiamo umani.
Come non rendersene conto?
E' la forza dell'umanità!
Essa permea di sé perfino i simboli… i sogni.
Gli archetipi che si umanizzano.
E' questa la nostra sublimazione.
Fonte d'ispirazione eppure ispirati dalla colorata, caotica, fuggevole finitudine umana.
Il nostro è un sottile equilibrio, su cui danzano emozioni e forme e ritmi degli uomini.
Io ho scoperto che questa è la vera bellezza.
In questo io trovo il mio compimento.
E' l'uomo con la sua vita ad insegnarmi la bellezza."
- "Sì, ma le barzellette umane sui carabinieri non si possono sentire!
Io, di certo, quelle non le ho ispirate! Non c'entro!", disse Ermes.
- "Grande Giove, Ermes! La fai sembrare una tragedia greca! Quelle storielle non sono poi così male! E ce ne sono a migliaia!", disse Cassandra.
- "Purtroppo, vorrai dire! …Beh! Si è fatto tardi.. Per oggi direi che può bastare.. E poi devo ancora smistare un sacco di posta!
..E portare uno stock di forbici che le Parche hanno comprato su eBay ma che hanno scoperto essere arrugginite! Dicono che non riescono a tagliare nessun filo della vita mortale, così! Non possono lavorare! Un casino!", concluse Ermes. "Volo! Ci si vede!".
- "Io devo proprio portare Secret dal fabbro.. ha la chiusura difettosa.. e, conoscendo Efesto, starà ore a parlarmi dei poteri del fuoco di liquefare qualunque cosa!", disse Pandora.
- "Fuoco?! Posso venire con te?", chiese Prometeo.
- "Solo se prometti di tenere le mani in tasca!". E uscirono.
- "Io devo, invece, andare a casa di Psiche ed Eros. Vogliono che faccia loro le carte.
In realtà, devo fare da consulente matrimoniale! E convincere Psiche che deve avere pazienza con Eros! Non è un bambino viziato! Solo un esibizionista a cui piace girare col culo all'aria!", confidò allargando le braccia Cassandra, "Ma tanto non mi crederà! Alla prossima settimana, cari!".
Andarono tutti via.
Elena rimase da sola.
Si sentiva meno sola, adesso. Meno disperata.
La sua era una famiglia di squilibrati, ma una famiglia divina, che l'avrebbe accompagnata per millenni ancora a venire… che l'avrebbe accompagnata per l'eternità. Che mai l'avrebbe lasciata sola.
Così sorrise.



FINE